mercoledì 13 giugno 2007

Obrigado Ayrton (articolo impolverato)

Alla grande. Tutta una vita così, alla grande. Sin dai tempi del kart, giovanissimo trapiantato lontano da casa per vincere delle corse ed esorcizzare la nostalgia della famiglia lontana. Alla grande. Sin dai tempi delle prime monoposto: vittoria già alla terza gara, dodici addirittura nella stagione d'esordio. Alla grande. E la F. Ford 2000: ventun successi in ventisette corse. Alla grande. E il debutto in F. 3? Primo! Alla grande. Poi ventidue corse e quattordici vittorie. Alla grande. E poi ancora la F. 1, la scelta rischiosa di un team piccolo, la Toleman, ma con un ruolo di prima guida. Alla grande. E la Lotus, le prime pole position con la puntuale strizzata d'occhio a Gerard Ducarouge, progettista e complice di mille astuzie. Alla grande.

Dieci anni nell' olimpo dei migliori, faccia a faccia con il coraggio disperato di Mansell, i trabocchetti di Prost, il mestiere e la lingua lunga di Piquet, dividendo con loro i titoli mondiali ma mai il dubbio su chi fosse il più bravo. Alla grande. Dieci anni partendo quasi sempre davanti, là dove per esserci serviva la zampata del campionissimo. Con il turbo o con l'aspirato, con l'elettronica e senza, con l'otto, col dieci, col dodici cilindri. Alla grande. Dieci anni in movimento sull'asse Montecarlo-Portogallo-Brasile perchè non c'erano solo le corse, tante, e le prove, dippiù. Ma anche la famiglia, gli affari, gli amici e le donne, spesso diverse, sempre più belle. Alla grande.

Novantasei Gran Premi con un motore Honda dietro la schiena, trentadue vittorie, una ogni tre. Alla grande. Viaggi da e per il Giappone, mille inchini, mille sorrisi, molta pazienza e sei firme su contratti dagli ingaggi favolosi. Alla grande. Il sorriso felice del vecchio Soichiro e quello più triste, ma ammirato, del vecchio Ferrari. Il piacere di aver parlato con loro, di essere stato invitato e soprattutto ammirato da loro. Alla grande. La sfida impossibile con il Ford contro il Renault, attaccati alla pioggia o alle curve per veder premiato il talento e il coraggio. Cinque scommesse vincenti. Alla grande. Il braccio di ferro con Ron Dennis, il lungo corro-non-corro, il crollo di Ron. Alla grande.

Tutto pianificato nei particolari fin da fanciullo. Il nome che diventa un marchio brevettato, la carriera, i rapporti con la stampa, il tempo libero, la pasta in bianco. Ma anche la fede in Dio e le debolezze degli uomini. Ti mostravi come noi, ci parevi come Lui. Alla grande. Poi quell'ultima curva, rotonda come gli interrogativi di una stagione insidiosa e quanto i rapporti in seno a una squadra alleata ma non amica. Il piede giù come sempre per fuggire dal mucchio dei dubbi. Lo sguardo avanti e i rivali negli specchietti via via sempre più piccoli. Le solite cose, Ayrton, se soltanto la tua Williams avesse sterzato. Sarebbe stata ancora una volta una curva delle tue. Alla grande. Ma questa volta di grande c'è stata solo la nostra disperazione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Cavolo che bello questo articolo, davvero! io ero piccolina ma me lo ricordo quel giorno...quel gran premio... in salotto, con mio padre che sobbalza e chiama mia madre... io che fisso quella macchina accartocciata e non sento più le parole del giornalista ma fisso lo schermo e penso "dai muoviti,fai un cenno con la mano, dai esci da quell'inferno", poi mio padre mi prende lì vicino, mi copre gli occhi... e lì ho capito...

D.

Anonimo ha detto...

intanto... ma a che età hai iniziato a vedere la F1 ???
ti facevo più giovane!!

aggiungerei solo che era bello vedere come Ayrton, ogni volta che vinceva, volesse assolutamente la bandiera brasiliana da sventolare nel giro di onore per dare un pò di risalto e rivincita al suo paese povero e ai margini!
così i suoi connazionali sapevano, una volta di più, esser allegri anche nella povertà